Inquinamento marino: cause, conseguenze e soluzioni

L’inquinamento dei mari e degli oceani è una delle piaghe più grandi del nostro periodo storico. 

E pensare che per molto tempo, nemmeno molti anni fa, era diffusa la credenza che il rilascio di rifiuti e residui chimici all’interno delle acque marine non avrebbe avuto effetti importanti sull’ecosistema, questo grazie alla loro profondità e vastità. 

Ma la verità è un’altra e lo stiamo vivendo sulla nostra pelle. Infatti, la quantità di plastica, liquami fognari, petrolio, sostanze chimiche e rifiuti negli oceani ha ormai raggiunto proporzioni allarmanti. E calcolando che più del 70% della superficie terrestre è occupata da acqua, è evidente che si tratti di un problema su scala mondiale che merita l’attenzione adeguata.

Generalmente, l’inquinamento marino può presentarsi in diverse forme. Ma per comodità possiamo individuare due macro-categorie di inquinamento: quello da fonti puntuali e quello da fonti non-puntuali.

Le fonti di inquinamento puntuali sono caratterizzate dal rilascio di elementi inquinanti in maniera localizzata e specifica da un punto definito. Gli scarichi industriali, le emissioni di impianti di produzione, le perdite accidentali da serbatoi o condutture e gli scarichi delle navi sono esempi di fonti di inquinamento puntuali.

Le fonti di inquinamento non-puntuali, invece, distribuiscono elementi inquinanti su un’area più ampia, senza un punto specifico di emissione. Ne sono un esempio il cattivo smaltimento e l’abbandono della plastica in mare, lo scarico di acque reflue contaminate che possono apportare un accumulo di nutrienti come azoto e fosforo nelle acque marine, gli sversamenti di petrolio, la caduta di sedimenti nel mare dovuta all’agricoltura, alla deforestazione e alla costruzione nelle zone costiere, lo smaltimento inadeguato di rifiuti pericolosi come le batterie e le vernici. Queste fonti contribuiscono all’inquinamento in modo più diffuso e meno localizzato rispetto alle fonti puntuali.

Inoltre, le correnti marine, negli anni, hanno creato le cosiddette Plastics Soups, ossia aree ad alta concentrazione di rifiuti. Non si tratta di rifiuti visibili, bensì di microplastiche che sono paradossalmente più dannose e pericolose per l’ambiente e la fauna marina. Tali correnti sfociano tutte in sei vortici principali, situati a sud e a nord dell’equatore e in particolare nelle zone subtropicali. I sei vortici di plastica più noti al mondo sono:

  • Artic Garbage Patch;
  • Indian Ocean Garbage Patch;
  • South Atlantic Garbage Patch;
  • North Atlantic Garbage Patch;
  • South Pacific Garbage Patch;
  • Great Pacific Garbage Patch.

Altre aree ugualmente critiche sono le isole di plastica, che sono invece veri e propri agglomerati superficiali di rifiuti galleggianti. Essi sono dovuti, più che alle correnti, all’elevata presenza di fonti inquinanti.

Inquinamento marino

Tipologie di inquinamento marino

Nonostante le numerose forme di inquinamento, è possibile individuarne quattro principali: l’inquinamento da plastica, l’inquinamento chimico, l’inquinamento acustico e l’inquinamento luminoso

Andiamo a vederli tutti nel dettaglio.

Inquinamento da plastica

Questo tipo di inquinamento è causato dall’accumulo di rifiuti di plastica nei mari e negli oceani. La plastica è una minaccia significativa per la vita marina poiché può essere ingerita dagli animali che la scambiano per cibo, causando danni interni o morte. Inoltre, la plastica può persistere nell’ambiente marino per centinaia di anni. Sarebbe bene, quindi, capire veramente il valore della natura e sensibilizzare le persone al corretto smaltimento dei rifiuti in plastica.

Inquinamento chimico

L’inquinamento marino chimico si riferisce all’introduzione di sostanze chimiche nocive negli oceani e nei mari, che può avere effetti dannosi sugli ecosistemi marini e sulla vita acquatica.

Questo tipo di inquinamento può derivare da diverse fonti, tra cui:

  • Scarichi industriali: le industrie possono rilasciare una varietà di prodotti chimici tossici nei corpi d’acqua durante i loro processi di produzione. Questi composti chimici possono includere metalli pesanti, solventi organici, prodotti chimici pericolosi e altre sostanze inquinanti.
  • Scarichi agricoli: l’uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi nelle aree agricole può portare al rilascio di nutrienti e prodotti chimici nell’acqua, che possono contribuire alla crescita eccessiva di alghe e danneggiare gli ecosistemi marini costieri.
  • Scarichi urbani: le acque reflue urbane possono contenere una vasta gamma di sostanze chimiche, compresi detergenti, prodotti farmaceutici, prodotti chimici domestici e contaminanti organici. Queste sostanze possono finire nelle acque costiere attraverso sistemi di drenaggio e fognature.
  • Naufragi e fuoriuscite di sostanze chimiche: incidenti come naufragi di navi cargo o incidenti nelle piattaforme petrolifere possono causare fuoriuscite di sostanze chimiche pericolose direttamente nell’ambiente marino.
  • Rifiuti tossici sommersi: alcune navi hanno deliberatamente scaricato rifiuti tossici nei mari, creando problemi di inquinamento chimico a lungo termine. Questi rifiuti possono includere sostanze chimiche pericolose, come i PCB (policlorobifenili).
Inquinamento marino

Inquinamento luminoso e acustico

L’inquinamento luminoso si verifica quando la luce artificiale proveniente dalle fonti terrestri invade l’ambiente marino durante le ore notturne. Le principali fonti di luce artificiale includono le luci delle città, degli impianti industriali, dei porti e delle navi. L’inquinamento luminoso marino può avere diversi impatti negativi:

  • Disorientamento della fauna marina, in particolare per le tartarughe marine e i piccoli organismi planctonici, che utilizzano la luce naturale delle stelle per la navigazione.
  • Alterazione dei cicli naturali di luce e oscurità negli ecosistemi marini, che può influenzare i comportamenti di riproduzione e alimentazione degli organismi marini.
  • Rischio di collisioni tra navi e fauna marina a causa della confusione causata dalla luce artificiale.

Per mitigare l’inquinamento marino luminoso, vengono adottate misure come l’uso di illuminazione più efficiente, l’orientamento delle luci verso il basso e l’adozione di normative per limitare l’uso eccessivo di luce nelle aree costiere.

L’inquinamento acustico, invece, è causato dal rumore prodotto dall’attività umana negli oceani. Le principali fonti di inquinamento acustico marino includono il traffico navale, l’uso di sonar militari, le attività di perforazione petrolifera e le costruzioni subacquee. L’inquinamento acustico può avere gravi effetti sugli organismi marini:

  • Disorientamento e stress per i mammiferi marini come balene e delfini, che utilizzano il suono per comunicare, orientarsi e cacciare.
  • Interferenza con il comportamento di pesca e di navigazione di pesci e invertebrati.
  • Possibili effetti negativi sulla comunicazione acustica e sulla navigazione di organismi come il plancton.

Per ridurre l’inquinamento acustico marino, vengono adottate misure come la regolamentazione delle attività sismiche e di perforazione, l’uso di tecnologie più silenziose e l’implementazione di aree marine protette dove il rumore umano è limitato.

Soluzioni all’inquinamento di mari, oceani, fiumi e laghi

L’inquinamento degli oceani, dei mari, dei fiumi e dei laghi è un grande problema che purtroppo non ha un’unica soluzione. La cosa importante però, è che tutti possono contribuire alla salvaguardia e alla pulizia delle nostre acque.

Infatti, per far fronte a questa piaga è possibile agire su due fronti diversi: la prevenzione e l’azione. Per quanto riguarda il primo, sarà importante d’ora in avanti sensibilizzare le generazioni presenti e future sul tema dell’inquinamento marino, del riciclaggio e della salvaguardia ambientale. Il secondo invece si riferisce alla vera e propria pulizia fisica di spiagge, fiumi e mari, per esempio attraverso le campagne di raccolta dei rifiuti dei volontari.

Negli ultimi anni inoltre, le nuove tecnologie ci stanno venendo in aiuto anche in questo settore. Sono stati inventati, infatti, numerosi sistemi per catturare e riciclare i rifiuti presenti nelle nostre acque. 

Vediamo insieme quelli più importanti.

Il cestino galleggiante: Seabin

Il nome “Seabin” è una combinazione delle parole “sea” (mare) e “bin” (cestino o bidone), e il dispositivo è essenzialmente un cestino galleggiante che utilizza una pompa per aspirare rifiuti e inquinanti dall’acqua circostante. È stato sviluppato dagli australiani Pete Ceglinski e Andrew Turton nel 2014 e poi lanciato sul mercato nel 2017.

Ecco come funziona tipicamente un Seabin:

  • Galleggia in acqua: il dispositivo viene posizionato e lasciato galleggiare all’interno di un porto o di un’altra area marina.
  • Pompa di aspirazione: una pompa incorporata aspira costantemente l’acqua attraverso un filtro. La pompa è posizionata nella parte inferiore del Seabin.
  • Cattura rifiuti: mentre l’acqua viene aspirata, il filtro cattura rifiuti galleggianti come plastica, carta, foglie e persino microplastiche e olio. Il filtro è progettato per intrappolare i rifiuti senza danneggiare la vita marina. Questo dispositivo è in grado di raccogliere circa 1,5 kg di rifiuti al giorno.
  • Raccolta dei rifiuti: i rifiuti catturati vengono stipati in un sacco o un contenitore all’interno del dispositivo. Una volta pieno, il sacco può essere svuotato e i rifiuti possono essere smaltiti correttamente.

L’obiettivo principale di un Seabin è ridurre la presenza di rifiuti e sostanze inquinanti superficiali nelle acque, contribuendo a proteggere la fauna e a mantenere gli ambienti acquatici più puliti. Questi dispositivi sono utilizzati in diverse parti del mondo, soprattutto in porti, marine e altre aree costiere soggette all’accumulo di rifiuti galleggianti. Rappresentano un’innovativa soluzione per combattere l’inquinamento marino e contribuire alla conservazione degli ecosistemi.

Trash Collec’Thor e il Pixie Drone

In Italia, grazie al progetto LifeGate PlasticLess, sono stati presentati due prototipi dimostrativi: il Trash Collec’Thor e il Pixie Drone.

Il primo è un dispositivo “mangiaplastica” che si installa sui pontili dei porti e nelle aree marine in generale. Esso cattura i rifiuti situati sulla superficie dell’acqua, persino microplastiche e idrocarburi, per 24 ore al giorno. Alimentato da una pompa industriale, è in grado di catturare fino a 100 kg di rifiuti al giorno.

Pixie Drone invece è un dispositivo galleggiante che non va ancorato. È libero di muoversi liberamente in piccole aree di mare o di lago per andare a “caccia” di rifiuti. Può raggiungere una velocità di 3 km/h e viaggia a 30 cm dal fondale. Con un’autonomia di 6 ore e la possibilità di essere telecomandato a distanza, questo dispositivo può raccogliere fino a 60 kg di rifiuti per volta.

WasteShark

Il “WasteShark” è un tipo di veicolo subacqueo autonomo progettato per raccogliere rifiuti e detriti dalle acque, come fiumi, porti, laghi e altre aree acquatiche. Il nome “WasteShark” è un gioco di parole che combina “waste” (rifiuto) e “shark” (squalo) per suggerire l’idea di un predatore dei rifiuti negli ambienti acquatici.

Ecco alcune caratteristiche chiave del WasteShark:

  • Aspetto e dimensioni: il WasteShark è generalmente piuttosto piccolo, con una lunghezza di circa 1,5 metri e un peso poco inferiore ai 40 kg.
  • Raccolta di rifiuti: il principale scopo di un WasteShark è raccogliere rifiuti galleggianti come plastica, detriti e altri materiali contaminanti dalla superficie dell’acqua. Il dispositivo è dotato di una serie di sensori per rilevare gli oggetti da raccogliere e un sistema di raccolta per immagazzinare i rifiuti. Può catturare fino a 500 kg di rifiuti al giorno.
  • Navigazione autonoma: il WasteShark è in grado di navigare autonomamente nelle acque, utilizzando sistemi di posizionamento e sensori per evitare ostacoli e raccogliere rifiuti in modo efficiente. Alcuni modelli possono essere programmati per pattugliare aree specifiche in modo regolare. Può raggiungere la velocità di 3 km/h.
  • Connettività e dati: molte versioni del WasteShark sono dotate di capacità di connessione dati in tempo reale, consentendo agli operatori di monitorare le operazioni e ricevere informazioni sui livelli di inquinamento nelle acque.
  • Alimentazione: il dispositivo può essere alimentato elettricamente o da batterie ricaricabili, a seconda del modello e delle esigenze specifiche.

Il WasteShark è un esempio di tecnologia impiegata per affrontare il problema dell’inquinamento marino e fluviale, contribuendo a pulire le acque e a proteggere la vita marina. È utilizzato in diverse parti del mondo per contribuire alla raccolta di rifiuti e alla promozione della sostenibilità ambientale.

Navi “mangia-rifiuti”: Mr. Trash Wheel e i Pelikan

Mr. Trash Wheel è un famoso dispositivo di pulizia dei rifiuti galleggianti situato nel porto di Baltimora, Maryland, negli Stati Uniti. Il suo nome deriva dalla sua somiglianza con una ruota d’acqua. Questo dispositivo semi-autonomo è alimentato dall’energia solare ed è equipaggiato con una cintura trasportatrice che solleva i rifiuti dalla superficie dell’acqua e li deposita in un contenitore. Nel corso degli anni, Mr. Trash Wheel è diventato una sorta di celebrità locale ed è diventato un simbolo della lotta contro l’inquinamento delle acque di Baltimora. Questa nave è stata inventata da John Kellett nel 2008 e dal 2014 ha raccolto più di 500 tonnellate di rifiuti.

I Pelikan sono dispositivi simili a Mr. Trash Wheel e sono utilizzati in diversi paesi per affrontare il problema dell’accumulo di rifiuti galleggianti nei fiumi e nei porti. Funzionano in modo simile, catturando i rifiuti sulla superficie dell’acqua e trasportandoli in un contenitore per la raccolta. Il nome “Pelikan” è un riferimento al famoso uccello marino che è noto per il suo becco a forma di sacchetto utilizzato per catturare il pesce, a simboleggiare la raccolta dei rifiuti dall’acqua.

Manta: il catamarano tecnologico

Manta è un particolare catamarano, ideato da Yvan Bourgnon e che sarà lanciato nel 2024, in grado di catturare e separare la plastica dalla materia organica. 

Può agire in mare e nelle foci dei fiumi, è lungo 56 metri e riesce a collezionare fino a 10.000 tonnellate di rifiuti all’anno. 

Manta, grazie a due turbine eoliche e a 2000 metri quadrati di pannelli solari, riesce a generare abbastanza energia per svolgere il suo compito. Mentre la propulsione del catamarano è data da un sistema di vele e quattro motori elettrici.

È in grado di catturare tra 1 e 3 tonnellate di materiale all’ora senza disturbare la fauna: infatti Manta è dotato di un impianto sonoro che allontana pesci e cetacei dalla traiettoria di navigazione.

Interceptor: la nave ad energia solare

L’Interceptor è stato ideato dall’olandese Boyan Slat. Si tratta di un’imbarcazione lunga 24 metri alimentata totalmente da energia solare.

Nonostante sia ancora in fase di studio, le missioni che ha svolto finora hanno evidenziato dati incoraggianti. L’Interceptor agisce 24 ore al giorno e, rimanendo ancorata al fondale, usa una barriera galleggiante per incanalare i rifiuti e raccoglierli. Questa imbarcazione ha potuto dare un esempio delle sue potenzialità in Malesia, sul fiume Klang, dove è riuscita a raccogliere circa 50 tonnellate di plastica al giorno.

The Great Bubble Barrier

The Great Bubble Barrier è una tecnologia progettata per raccogliere plastica e detriti galleggianti dai fiumi prima che possano raggiungere l’oceano. Il sistema utilizza una barriera di bolle d’aria sottili e continue per intrappolare e convogliare i rifiuti verso un punto di raccolta, dove possono essere rimossi e riciclati.

Ecco come funziona in breve:

  • Generazione di bolle: la tecnologia utilizza un tubo posizionato sul fondo del fiume o del canale che emette un flusso costante di bolle d’aria. Queste bolle salgono verso la superficie creando una barriera lungo la larghezza del corso d’acqua.
  • Intrappolamento dei rifiuti: i rifiuti galleggianti, come plastica e detriti, vengono portati dalla corrente verso la superficie e intrappolati nella barriera di bolle. La pressione delle bolle impedisce loro di passargli attraverso, facendoli galleggiare sulla superficie dell’acqua.
  • Raccolta: una volta intrappolati nella barriera di bolle, i rifiuti possono essere facilmente catturati da un sistema di raccolta, come una cintura o una rete, e quindi rimossi dall’acqua.
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