Solarpunk: la fantascienza al servizio dell’ambiente

Da che se ne ha memoria, l’arte è sempre stata il riflesso della società. Che la sua funzione sia quella di valvola di sfogo, denuncia sociale o attivismo, ogni espressione artistica è figlia del periodo in cui nasce e ne comunica una diversa sfaccettatura.

Non è un caso insomma, se negli ultimi decenni hanno preso piede alcuni movimenti culturali e artistici che estremizzano le conseguenze di alcuni temi spinosi quali cambiamento climatico, disparità sociale e capitalismo. A differenza di quanto facciano il movimento Cyberpunk e la letteratura cli-fi (climate fiction) che ci calano in scenari distopici o postapocalittici, il genere Solarpunk si pone con una visione del futuro decisamente più ottimista. 

Un movimento figlio dell’ultimo decennio

Più che di genere letterario, quando parliamo di Solarpunk ci riferiamo ad un vero e proprio movimento culturale, peraltro piuttosto giovane.

Nato a cavallo tra la fine e l’inizio degli anni ‘10 il Solarpunk affonda le sue radici nella necessità di portare un’inversione di rotta nel panorama della letteratura fantascientifica da una parte, ma principalmente per lamentare lo scarso interesse della comunità scientifica verso un futuro sostenibile.

Ad essere precisi, il termine è stato coniato per la prima volta nel 2008 da un blogger in un articolo pubblicato sul blog Republic of the Bees in cui l’autore proponeva una nuova sottocategoria della fantascienza basata su una tecnologia pratica ed economica, ispirata dal design della MS Beluga Skysails, la prima nave parzialmente alimentata da un aquilone controllato da un computer.

È stato solamente grazie ad un articolo di Neal Stephenson intitolato Innovation Starvation. nel quale lo scrittore fantascientifico denunciava una situazione stagnante sugli investimenti e le iniziative nel campo delle energie rinnovabili, che il Solarpunk ha acquisito popolarità.

Per la prima volta dopo tanto tempo, gli artisti avevano finalmente un nuovo terreno da esplorare e nuovi principi e valori a cui ispirarsi per realizzare le loro opere. 

Secondo Stephenson e la sua “Hieroglyph Theory”, i concetti scientifici alla base delle grandi storie di fantascienza del secolo scorso avrebbero svolto un ruolo importante nel progresso scientifico in passato, come i robot descritti da Asimov o il cyberspazio del celebre William Gibson.

Seguendo la stessa logica, nel 2011 nasce l’omonimo progetto Hieroglyph che si pone l’obiettivo di pubblicare storie fantascientifiche di stampo più ottimista, con la speranza che ispirino i ricercatori e indirizzino gli sforzi della comunità scientifica verso tecnologie ecosostenibili.

Città tra tecnologia e natura

Il manifesto Solarpunk scritto a più mani

Negli anni successivi, i primi semi hanno cominciato a germogliare e abbiamo assistito ad un susseguirsi di interventi e vere e proprie antologie di opere che hanno delineato sempre di più i principi alla base del movimento Solarpunk. 

Il vero e proprio punto di svolta potremmo identificarlo nella pubblicazione dell’articolo Solarpunk: Notes toward a manifesto, nel quale l’autore Adam Flynn prova a delineare un primo abbozzo di manifesto, definendo alcuni concetti che verranno poi ripresi, rielaborati e approfonditi da altre voci, in pieno spirito comunitario e collaborativo caro al Solarpunk.

Principi del Manifesto

Proprio dalla pubblicazione di Adam Flynn e da altri autori, possiamo delineare i principi cardine del movimento Solarpunk, per comprenderne al meglio i valori:

  • L’ottimismo realistico: non negare i problemi del presente, ma credere nella possibilità di superarli con l’ingegno, la resilienza e la cooperazione.
  • L’estetica solare: il Solarpunk si distingue per uno stile visivo colorato, luminoso e ricco di dettagli, che riflette la bellezza e l’abbondanza della natura e della cultura.
  • L’etica hacker: promuovere l’uso creativo e critico della tecnologia.
  • La diversità culturale: celebrare la varietà e la ricchezza delle culture umane, incoraggiando il dialogo, il rispetto e l’apprendimento reciproco.
  • La giustizia sociale: impegnarsi per una società più equa ed inclusiva, in cui tutti hanno accesso alle risorse necessarie per vivere dignitosamente e realizzare i propri sogni.
  • La solidarietà umana è la chiave per realizzare una trasformazione ecologica ed economica. Tutti possono dare il loro contributo a questa causa, che si lega ad altre lotte sociali e politiche, come quelle della comunità lgbt e del femminismo, che condividono gli stessi ideali del Solarpunk.

Ma cosa significa Solarpunk?

Ma perché la scelta del nome Solarpunk? La spiegazione potrà sembrare scontata, ma in realtà il suffisso -solar raccoglie sotto il suo cappello parecchi significati.

Parliamo ovviamente dell’energia solare, fonte sostenibile di energia e disponibile per tutti in egual misura, ma anche del calore e della luce che da sempre vengono associati alla rinascita e alla vita. Ancora, la luce del giorno è proprio ciò che si contrappone agli scenari piovosi tipici delle distopie Cyberpunk e, infine, è proprio il sole che “coltiva” (in senso metaforico e letterale grazie alla comunione con la natura) la speranza di un futuro migliore.

Per quanto riguarda il prefisso -punk invece, come per il resto dei generi, parliamo di ribellione al sistema oppressivo, capitalista e indifferente alla salvaguardia del pianeta.

Non solo, il “punk” esprime anche la ferma volontà di opporsi alle tendenze mainstream che si limitano a dipingere scenari futuri senza speranza, nella convinzione che ormai non ci siano più alternative percorribili. 

Città alimentata con pannelli solari

Le voci del movimento Solarpunk

I mondi immaginati dagli autori Solarpunk sono vivi, luminosi, vibranti e rigogliosi e possiamo farci un’idea più chiara leggendo alcuni punti chiave di uno dei manifesti più diffusi e accreditati:

  • “Siamo Solarpunk perché l’ottimismo ci è stato tolto e stiamo cercando di recuperarlo.”
  • “Siamo Solarpunk perché le uniche altre opzioni sono la negazione o la disperazione.”
  • “Il Solarpunk comprende una moltitudine di tattiche: non esiste un solo modo giusto per fare Solarpunk. Invece, diverse comunità di tutto il mondo ne adottano il nome, le idee o entrambi e costruiscono nicchie di rivoluzione autosufficiente.”
  • “Il nostro futuro deve comportare il riutilizzo e la trasformazione di ciò che già abbiamo. Immagina che le «città intelligenti» vengano spazzate via a favore della cittadinanza intelligente.”
  • “Nel Solarpunk ci siamo fermati appena in tempo per frenare la lenta distruzione del nostro pianeta. Abbiamo imparato a usare la scienza con saggezza per migliorare le nostre condizioni di vita come parte del nostro pianeta. Non siamo più capi supremi. Siamo assistenti. Siamo giardinieri.”

Proprio quest’ultimo punto è il più evocativo e simbolico di tutti, riposizionando l’essere umano al fianco del pianeta e non più al suo comando. La condizione necessaria quindi, per far sì che le visioni del movimento si realizzino sarebbe proprio quella di fare un passo indietro per poi farne mille avanti ma stavolta nella direzione giusta.

Estetica, Architettura e Cinema

Il Solarpunk non si esprime soltanto attraverso storie di fantascienza, ma ha anche una sua estetica ben precisa, che si rifà allo stile dell’Art Nouveau riprendendone l’eleganza e la combinazione armonica tra elementi naturali come luce, acqua e piante.

Troviamo poi influenze dall’afrofuturismo specialmente per quanto riguarda la moda e l’interesse verso culture diverse da quella occidentale. L’artista Olivia Louise è stata una delle prime a lasciare la propria impronta nell’immaginario estetico Solarpunk e i suoi bozzetti vengono usati ancora oggi come fonte d’ispirazione.

Il Solarpunk trova spazio anche nell’architettura, facendosi ispirare dalle earthship come modello di abitazione solare sostenibile e immaginando città in cui essere umano, natura e tecnologia convivono in perfetta armonia e dove inquinamento e traffico sono un lontano ricordo.

L’elemento decorativo più ricorrente è il vetro, proprio per sfruttare a pieno la luce e il calore solare a impatto zero.

Per finire, esistono alcuni esempi in ambito cinematografico che non nascono con l’intenzione di abbracciare il movimento Solarpunk, ma vengono comunque associati a questa corrente poiché ne condividono alcuni tratti. Alcuni celebri esempi sono Avatar di James Cameron, Black Panther di Ryan Coogler e Nausicaä della Valle del Vento di Hayao Miyazaki. 

Casa Solarpunk

Finché c’è luce c’è speranza

Insomma, come abbiamo ampiamente spiegato, la parola chiave per identificare il genere è “speranza”. Ognuno contribuisce con la sua visione del Solarpunk, scrivendo e condividendo.

Sono accettate anche le opinioni contrastanti, poiché si tratta di un movimento in divenire e dall’identità da una parte solida, ma dall’altra in continuo mutamento.

Il Solarpunk è una forma di utopia ma anche di attivismo culturale, che vuole influenzare il presente per costruire il futuro, tuttavia non è ingenuamente utopico, poiché riconosce le sfide e le difficoltà che si pongono nel raggiungere una società più giusta ed ecologica, e propone soluzioni realistiche e concrete, basate sulla collaborazione e sulla creatività. 

In un momento come questo dove l’incertezza regna sovrana e anche progetti come quelli dell’Agenda 2030 ci sembrano irrealizzabili, forse affidare le nostre speranze ad un sogno utopistico come quello del Solarpunk può essere una strada giusta da percorrere.

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