Intelligenza Artificiale: amica o nemica del lavoro?

Non serve essere chissà quali esperti di tecnologia per essersi accorti che ormai l’Intelligenza Artificiale è diventata parte integrante delle vite di tutti quanti noi.

Che se ne faccia uso attivamente rivolgendosi ai chatbot, passivamente ascoltando i consigli sulle serie tv dell’algoritmo di Netflix, o facendoci aiutare a gestire i consumi in casa tramite la domotica, la nostra quotidianità è ormai pervasa dall’IA.

Viene spontaneo quindi domandarsi quanto l’avvento e l’evoluzione di questi algoritmi stia impattando sul mondo del lavoro e quali vantaggi o svantaggi stia portando. 

Il primo contatto con l’Intelligenza Artificiale Generativa

Sebbene la rivoluzione stia avvenendo ormai da molti anni con gli assistenti digitale di Google, Alexa di Amazon e Siri di Apple presenti ormai in ogni smartphone e in quasi tutte le case, è solamente negli ultimi 2 anni che abbiamo assistito ad una vera e propria ascesa in particolare dei chatbot.

Volendo dare una collocazione temporale più precisa all’inizio di questa nuova fase del nostro rapporto con l’Intelligenza Artificiale, potremmo dire che è coincisa con il rilascio al pubblico di ChatGPT alla fine di novembre del 2022. Sviluppato da OpenAI, si tratta di un assistente digitale che non ha bisogno di presentazioni e potremmo definirlo come una sorta di primo contatto con l’Intelligenza Artificiale Generativa per la maggior parte degli utenza. 

Da quel momento in poi abbiamo potuto assistere ad un effetto domino ancora in corso che ha portato all’arrivo di altri chatbot basati sull’IA generativa tra i quali menzioniamo Bard di Google, il Copilot di Microsoft (basato peraltro sullo stesso modello sviluppato da OpenAI) e lo stesso ChatGPT ad oggi disponibile nella più avanzata versione GPT-4. 

ChatGPT

Le 4 visioni del rapporto tra IA e lavoro

Parlando di impatto sul mondo del lavoro, senz’altro questi assistenti digitali stanno già influenzando svariate professioni, ma l’Intelligenza Artificiale è parte di molte realtà aziendali da parecchio tempo. Si parla di automazione di processi meccanici, fino ad arrivare alla guida autonoma delle auto che crea parecchi grattacapi anche a livello legislativo. 

Con l’arrivo di questa folla di nuovi coinquilini digitali, occorre fare un po’ d’ordine e cercare di comprendere con cosa abbiamo a che fare. Gli esperti si trovano divisi su più fronti e alcune previsioni vanno in direzione diametralmente opposta rispetto ad altre. Per riassumere, potremmo identificare 4 visioni diverse:

L’Intelligenza Artificiale come alleata dell’essere umano

Uno dei punti di vista più ottimisti sull’impatto dell’IA sul lavoro è quello che la vede come un’alleata dell’essere umano, in grado di migliorare la sua produttività, la sua creatività e la sua soddisfazione. Secondo questa visione, l’IA non sostituisce il lavoro umano, ma lo affianca e lo supporta, liberandolo dalle attività più ripetitive, noiose o pericolose, e permettendogli di concentrarsi su quelle più strategiche, innovative o relazionali.

Questa prospettiva è sostenuta da alcuni studi che prevedono che l’IA creerà più posti di lavoro di quanti ne distruggerà, generando nuove professioni e nuove opportunità di crescita e apprendimento. Ad esempio, secondo una ricerca di McKinsey, l’IA potrebbe creare dai 390 agli 890 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030, in diversi settori e aree geografiche.

Allo stesso modo, secondo un rapporto di Goldman Sachs, l’adozione dell’Intelligenza Artificiale da parte delle aziende potrebbe portare ad una crescita del PIL globale pari al 7% entro i prossimi 10 anni, creando ulteriori posti di lavoro in altri settori.

In questo contesto, il ruolo dell’essere umano dovrebbe essere quello di collaborare con l’IA, sfruttando le sue potenzialità e integrandole con le proprie competenze distintive.

Tra queste, spiccano quelle trasversali, come il pensiero critico, la comunicazione, la leadership, la creatività e l’intelligenza emotiva. Queste competenze infatti, sono difficilmente replicabili dall’IA e sono fondamentali per gestire la complessità e l’incertezza del mondo del lavoro, oltre che applicare ad ogni gesto quel tocco di umanità che può fare la differenza.

L’Intelligenza Artificiale come sfida per l’essere umano

Un altro punto di vista a riguardo è quello che la vede come una sfida per l’essere umano, in grado di mettere in discussione il suo ruolo e il suo valore.

Stando ai sostenitori di questa posizione, l’IA non solo sostituisce il lavoro umano in alcune attività, ma lo supera in termini di prestazioni, velocità e qualità. Inoltre, l’IA non si limiterebbe a eseguire compiti predefiniti, ma sarebbe in grado di apprendere autonomamente e di generare nuove conoscenze e soluzioni.

A sostegno di questa tesi ci sono alcuni studi che prevedono che l’IA distruggerà più posti di lavoro di quanti ne creerà, causando una forte disoccupazione e una crescente disuguaglianza sociale. Ad esempio, secondo uno studio della Oxford University, l’IA potrebbe automatizzare il 47% delle attività lavorative negli Stati Uniti e il 35% in Europa entro il 2035.

Qui invece, il ruolo dell’essere umano sarebbe quello di competere con l’IA, cercando di mantenere la propria occupabilità e la propria identità professionale. Per fare questo, bisognerebbe necessariamente aggiornare continuamente le proprie competenze e conoscenze, adeguandosi alle esigenze del mercato e alle sfide poste dall’IA. 

L'essere umano e il digitale

L’Intelligenza Artificiale come minaccia per l’essere umano

La prossima prospettiva è quella che vede l’IA come una minaccia per l’essere umano, in grado addirittura di compromettere la sua dignità e la sua libertà.

Secondo questa visione, l’IA non solo supera il lavoro umano in alcune attività, ma lo sostituisce completamente in tutti i campi e in tutte le funzioni. Stando a queste opinioni, l’IA non si limita a apprendere autonomamente e a generare nuove conoscenze e soluzioni, ma sviluppa una propria coscienza e una propria volontà, indipendenti da quelle umane.

Facendo riferimento ad alcuni studi, sembra che l’IA potrebbe raggiungere e superare l’intelligenza umana in tutti gli aspetti entro il 2045, dando origine alla cosiddetta singolarità tecnologica, un concetto caro ai migliori film di fantascienza. 

Il nostro ruolo secondo questa ipotesi sarebbe quindi quello di subire l’IA, perdendo il controllo e il senso del proprio lavoro e della propria vita.

Si tratta ovviamente di una posizione catastrofista ma presente tra le varie voci del coro. Per evitare questo scenario, secondo gli esperti sarebbe necessario regolamentare e monitorare lo sviluppo e l’uso dell’IA, garantendo il rispetto dei diritti umani e dei valori etici. Tra questi, possiamo citare quelli relativi alla privacy, alla sicurezza, alla responsabilità e alla trasparenza. 

L’Intelligenza Artificiale come opportunità per l’essere umano

Per finire, troviamo una posizione decisamente più moderata che identifica l’IA come un’opportunità per l’essere umano, in grado di arricchire la sua esperienza. L’IA non solo affiancherebbe il lavoro umano in alcune attività, ma addirittura lo stimolerebbe e ispirerebbe in altre, arrivando non solo a supportare o competere con l’essere umano, ma coinvolgendolo in un dialogo creativo e collaborativo.

Intelligenza Artificiale ed essere umano

Dove sta la verità?

Come possiamo notare da questa fotografia delle principali posizioni sull’argomento, l’unico punto che trova d’accordo tutti è che ci troviamo in un periodo di profondo cambiamento e incertezza. L’Intelligenza Artificiale è arrivata nelle nostre vite da parecchio tempo e si tratta di un processo inarrestabile come quasi ogni forma di progresso.

La soluzione non è quindi cercare di opporsi al cambiamento e combattere l’innovazione, bensì cercare di farne un uso consapevole e, ancor più importante, regolamentare questa nuova tecnologia dal punto di vista legale.

La prospettiva più rosea è sicuramente quella che ci vede in perfetta simbiosi con i nostri nuovi compagni d’avventura, facendoci assistere nei compiti dove sicuramente l’Intelligenza Artificiale già eccelle, ma aggiungendo a nostra volta quel pizzico di umanità che, almeno per il momento e probabilmente per molto tempo, nessun algoritmo è in grado replicare.

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