È stato il protagonista dell’estate di quest’anno, acquistando notorietà da parte della stampa grazie a gli ingenti danni che ha provocato all’itticoltura e alla coltivazione di molluschi. Stiamo parlando del Granchio Blu, conosciamolo meglio.

Caratteristiche del granchio blu
Il Callinectes sapidus o granchio reale blu è un crostaceo della famiglia dei Portunidi.
La sua caratteristica principale, che lo contraddistingue e da cui prende il nome è la colorazione blu delle chele. Tale colorazione è dovuta alla presenza di una caroteno-proteina.
Il colore del corpo invece è verde oliva superiormente e bianco-azzurrino sul ventre.
Questa specie misura fino a 15cm di lunghezza e 23cm di larghezza.
Essendo onnivoro si nutre di una vasta gamma di cibo, tra cui vongole, cozze, crostacei, uova e pesci. Causando così gravi danni alle specie locali.
Le femmine della specie hanno le chele un po’ più piccole e possono deporre oltre 2 milioni di uova per covata.
Da dove viene
Il suo habitat naturale è sulla sponda occidentale dell’oceano Atlantico, lungo le coste del continente americano, dalla Nuova Scozia all’Argentina.
Si spinge anche all’interno del continente attraverso i fiumi poiché riesce facilmente a tollerare salinità inferiori.
Inoltre è resistente a temperature che vanno dai 3 ai 35 gradi, consentendogli quindi di sopravvivere in qualsiasi mare.
L’invasore del Mediterraneo

Sono molte le specie animali e vegetali non autoctone presenti in Italia. Possiamo citare il parrocchetto, il punteruolo rosso, il pesce siluro, lo scoiattolo grigio, la zanzara tigre e tante altre. Alcune di queste specie, tra il 10% e il 15%, sono considerate invasive poiché danneggiano interi ecosistemi.
Secondo l’ISPRA, le specie aliene invasive (SAI) rappresentano la terza minaccia più grave per la biodiversità in Europa.
Il granchio blu secondo l’ipotesi più accreditata nella comunità scientifica è stato portato nel nostro Paese presumibilmente dalle acque di zavorra delle navi.
Però non è nuovo per il mar Mediterraneo, infatti i primi avvistamenti si ebbero addirittura nel 1951 nella Laguna Veneta. In seguito, a causa del riscaldamento dei mari e delle sue alte capacità di adattamento e proliferazione si è diffuso anche in altre zone d’Italia.
Nel 2019 furono pescati degli esemplari sulla costa del Cilento e nella provincia di Salerno. Successivamente ci furono avvistamenti a Manfredonia e Marsala nel 2020, e nel Golfo della Spezia nel 2021. Nel 2022 furono segnalate presenze di granchio blu anche nel Lazio e in Sicilia. Dall’aprile 2023 la sua presenza più invadente è stata riscontrata nel delta del Po veneto.
Il blu che ci manda in rosso
In Italia non avendo predatori naturali il granchio blu può agire indisturbato cibandosi di tutto ciò che li capita a tiro. Questo comporta ingenti danni sia a livello ambientale che a livello economico.
Fedagripesca-Confcooperative stima infatti che il danno sia già intorno a i 100 milioni di euro.
Per risolvere l’invasione, il governo italiano ha stanziato 2,9 milioni di euro in favore delle cooperative della pesca per tenerne sotto controllo la proliferazione, aprendo anche una stagione straordinaria di pesca al granchio.
L’unica soluzione per arginare il problema per ora è quella di catturarlo e utilizzarlo in cucina. Infatti nei suoi Paesi di origine fa parte, già da tempo, di vari menù culinari. Anche se come segnalato da Gambero Rosso le procedure per estrarne la polpa sono lunghe e laboriose.
Si parla anche di esportarlo, inserendo così l’Italia in una nuova fetta di mercato. Ma qui sorgono altre problematiche, perché solo gli esemplari grandi possono essere adatti alla cucina e quindi commercializzati. Gli altri dovrebbero essere smaltiti facendo così lievitare i costi. Inoltre, per esportare il prodotto congelato, che va trasportato nei container a basse temperature, bisogna affrontare costi molto elevati per mantenere la qualità alta del prodotto.
Conclusioni
Come detto questa è solo una delle specie aliene invasive che abbiamo nel nostro Paese e non sarà di certo l’ultima. Sicuramente dobbiamo imparare a conviverci e a limitarne i danni ed è importante che gli esperti e le autorità competenti lavorino insieme per trovare una soluzione a questo problema. Non possiamo di certo mangiarli tutti.