Il sound branding: cos’è e perché è importante

Il recente studio realizzato da Gartner ha evidenziato come, nel corso del 2020, il 30% delle query, quindi delle domande rivolte a Google o ad altri motori di ricerca dagli utenti, avverrà con la voce.

Perciò, per le imprese, sarà sempre più importante estendere la propria strategia di marketing al sound branding.

Quest’ultimo è una componente identitaria utile nel marketing, perché consente al consumatore di memorizzare e associare determinati suoni ai prodotti ed ai servizi di un’unica marca.

Ma perché il suono, gli elementi “voice”, stanno assumendo tutta questa importanza?

Se ci fermiamo un secondo a riflettere non è poi così strano.

Nella nostra società, infatti, fino agli anni ’80 aveva ricevuto maggiore attenzione e centralità la parola, il logos.

Successivamente, siamo entrati nell’era delle icone e delle immagini.

Quello che sta avvenendo adesso è, semplicemente, un ulteriore superamento del passato, una rivoluzione che porterà il suono ad essere protagonista assoluto della relazione fra marca e consumatore.

A supporto di questo cambiamento, attraverso molti studi cognitivi è emersa l’importanza attribuita, spesso inconsciamente, alla musica e ai suoni, nel momento in cui si effettua una scelta o si attua un comportamento d’acquisto.

I primi anni del nuovo millennio, infatti, sono stati caratterizzati da un prevalere di stimoli visivi, il cui eccesso ha prodotto una crescente insensibilità percettiva verso questo tipo di messaggi pubblicitari.

Di contro, l’utilizzo di melodie è ancora in grado di valicare le soglie della nostra attenzione e valorizzare la comunicazione prodotta, soprattutto se coerente con la brand identity.

Questo si verifica anche perché la percezione dei suoni è molto più veloce di quella delle immagini, che, per di più, nel contesto attuale, tendono a sovrapporsi.

In particolare, sono sufficienti 0.146 secondi per recepire correttamente uno stimolo sonoro. Un valore che per le immagini aumenta, raggiungendo i 0.25 secondi.

Anche l’idea che le immagini siano capaci di emozionare più die suoni è errata.

Infatti, le musiche sono un trigger emotivo capace di colpirci in maniera rapida e profonda.

Oltre ad essere percepite prima, infatti, queste sono in grado di attivare in noi emozioni in modo più immediato, essendo legate al sistema sensoriale più primordiale, quello che in ogni individuo si sviluppa prima della vista, quasi in contemporanea al concepimento.

E, in effetti, le reazioni degli embrioni agli stimoli sonori come la voce della madre sono state al centro di numerosissime ricerche.

Sound branding, marketing e tecnologie

Cercando di far luce, più nello specifico sulla relazione fra sound branding, mercato e tecnologie, innanzitutto è importante notare come il primo sia funzionale all’esperienza in-store dei consumatori.

In altre parole, una shopping experience generalmente caratterizzata da punti di contatto tattili e visivi, se arricchita da sound elements e melodie identitarie è capace di estendere e ampliare il coinvolgimento del singolo.

In secondo luogo, lo sfruttamento del sound branding è destinato ad intensificarsi per mezzo dello sviluppo di nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale.

Quest’ultima, in particolare, potrà intervenire aumentando le conversioni effettuate dai consumatori o la memorizzazione del brand da parte degli stessi attraverso la personalizzazione sonora di annunci e contenuti.

Ma anche la realtà virtuale e altre forme di extended reality immersive potranno legarsi bene a questo elemento identitario in ascesa, per arrivare costruire una nuova e più coinvolgente brand experience.

Ad esempio, facendo ricorso alla sinestesia, che associa le frequenze sonore a quelle dei colori, per aumentarne il ricordo.

Infine, come anticipato nel paragrafo precedente, ora più che mai i consumatori cercano di evitare e sopprimere il bombardamento di immagini e contenuti video rivolgendo le loro attenzioni alle tecnologie vocali a loro disposizione, quali:

  • smartphone;
  • voice assistant;
  • smart tv;
  • tablet;
  • altri dispositivi.
voice-assistant

Sound branding e COVID19

Il sound branding si è, inevitabilmente, legato al periodo di lockdown.

Un momento storico nel corso del quale, in particolare, gli acquisti online sono aumentati esponenzialmente coinvolgendo nuovi target.

Perciò, per evitare di rendere l’esperienza digitale dell’utente anonima (essendo stata già privata della fisicità dei punti vendita), un numero sempre cresce di brand che ancora non aveva fatto ricorso a musiche e note identitarie ha introdotto questa innovazione.

Questa apertura rapida prodotta dal COVID19, tuttavia, non ha sempre generato dei risultati di valore.

Infatti, molte imprese hanno interpretato i suoni e le musiche esclusivamente come un mezzo per suscitare facilmente emozioni, elaborando delle soluzioni incoerenti con l’immagine del brand, scontate e standardizzate.

Insomma, con la loro incapacità di reinventare strategie hanno perso l’occasione di differenziare la marca dai competitor, uno degli obiettivi più importanti a livello strategico.

Alcuni esempi di sound branding

A questo punto, da chi lasciarsi ispirare per attuare una strategia di sound branding?

  • Intel, che con il suo memorabile sound logo ha acquisito un’identità di marca riconoscibile e trasmesso il suo universo valoriale, soprattutto se paragonata ai competitor, come lei semplici produttori di componenti elettroniche;
  • McDonald, il cui sound logo di I’m Loving it è attualmente associato al brand dal 93% delle persone a livello mondiale e che grazie alla sua strategia sonora è riuscita a consolidare il suo status di lovemark;
  • Enel, che ha sviluppato recentemente un’identità sonora per comunicare il proprio rebranding, caratterizzato da un nuovo posizionamento e un nuovo pay off: “Open Power”;
  • Visa, che ha prodotto un brand message sonoro per confermare ai suoi clienti l’avvenuto pagamento;
  • Mastercard, la cui brand identity include un sound logo e il cui marchio sta cercando di fare a meno del naming, per adattarsi sempre più ad un ambiente digitale e sonoro;
  • Coca Cola, dalla branded track “Taste the feeling” i sui effetti sonori sono studiati così da evocare in maniera subliminale una sensazione di desiderio;
  • Netflix, il cui knock knock sound anticipa l’inizio delle serie.
coca cola

Il futuro del sound branding

Finora molto di quanto avvenuto nel capo del sound branding è stato dettato dall’improvvisazione e dalla voglia di sperimentare.

Questo, infatti, è ancora considerato come un valore aggiunto dall’importanza secondaria e non come un asset strategico derivante da un profondo studio del proprio target e dalla volontà di creare un’identità coerente ed estesa.

Per rendere maggiormente coinvolgente il messaggio di marca ai consumatori, invece, sarà necessario proprio adottare questo secondo punto di vista.

L’unico che potrà rendere questi interventi efficaci.

E, guardando al mercato, questo approccio al sound branding comincerà a caratterizzare tutti quei servizi quali banche, assicurazioni e fintech, che, seguendo l’esempio di Mastercard e Visa, inizieranno a lavorare per definire una propria identità sonora.

Appropriandosi di questo trend innovativo, perciò, il settore finanziario sarà il primo ad utilizzare le melodie come un potente mezzo capace di differenziare dai competitor, ma anche facilitare la memorizzazione del marchio da parte del target.

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