L’impatto di un hamburger

È noto che l’alto consumo di carne e latticini dell’Occidente sta alimentando il riscaldamento globale.

Scienziati e funzionari non hanno chiesto esplicitamente a tutti di diventare vegani o vegetariani, ma hanno affermato che più persone potrebbero essere nutrite usando meno terra se si riducesse il consumo di carne.

Secondo Essere Animali (link) il consumo di una porzione di carne di manzo, durante massimo due volte a settimana per un anno incide con:

  • 207 kg di anidride carbonica pari a 853 km in auto
  • 2.306 metri quadrati di terra pari a 0,32 campi da calcio
  • 120.237 litri d’acqua pari all’acqua che un essere umano potrebbe bere in 165 anni
  • 1 vita animale

Leggere dei numeri e affidarsi ai dati fornisce un elemento inequivocabile per riflettere con cognizione sulle proprie scelte.

Se la terra è usata in modo più efficace, può immagazzinare più carbonio emesso dagli esseri umani.

Il suolo è a volte trascurato come parte del sistema climatico, ma è il secondo più grande deposito di carbonio dopo gli oceani.

Le piante assorbono anidride carbonica dall’atmosfera e bloccano il carbonio nel suolo: ecco perché la deforestazione e le cattive pratiche agricole danneggiano molto questa capacità.

Quando il suolo è degradato, il carbonio viene rilasciato nuovamente nell’atmosfera come anidride carbonica.

Ci si aspetta che il cambiamento climatico acceleri questo processo.

Temperature più alte contribuiscono a danneggiare la materia organica nel suolo, aumentando le emissioni di gas serra.

Una migliore gestione della terra, compreso il pascolo controllato degli animali e la piantumazione di alberi, può aumentare la fertilità del suolo, contribuendo a ridurre la povertà e ad aumentare la sicurezza alimentare.

Nello studio Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers, pubblicato su Science, sono evidenziati i valori della responsabilità del sistema agroalimentare nelle emissioni di gas serra: equivale al 26% del totale.

Ci sono quattro elementi chiave da considerare quando si cerca di quantificare le emissioni di gas serra alimentari:

Il bestiame e la pesca rappresentano il 31% delle emissioni alimentari e la percentuale si riferisce solo alle emissioni della “produzione” in azienda.

La produzione di colture rappresenta il 27% delle emissioni alimentari.

Il 21% delle emissioni alimentari proviene dalla produzione di colture per il consumo umano diretto, e il 6% proviene dalla produzione di mangimi animali. Sono le emissioni dirette che risultano dalla produzione agricola.

L’uso della terra rappresenta il 24% delle emissioni alimentari.

L’uso della terra per il bestiame comporta una quota di emissioni pari al 16%, rispetto alle colture per il consumo umano, che sono la metà.

L’espansione agricola comporta la conversione di foreste, praterie e terreni in sorgenti di carbonio conseguente aumento delle emissioni di anidride carbonica.

Le filiere rappresentano il 18% delle emissioni alimentari.

La lavorazione del cibo, il trasporto, l’imballaggio e la vendita al dettaglio richiedono tutti input di energia e risorse.

Molti pensano che mangiare locale sia la chiave per una dieta a basse emissioni di carbonio, tuttavia le emissioni del trasporto sono spesso una percentuale molto piccola delle emissioni totali del cibo – solo il 6% a livello globale.

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