Il Caso Sami: Greta Thunberg si oppone ad un Parco Eolico, perché?

Per secoli l’Occidente ha sfruttato altre popolazioni per raggiungere livelli sempre maggiori di prosperità. Questo processo di sfruttamento era legittimato dal sistema imperialista.

 Il Colonialismo occidentale non tutelava la dignità delle popolazioni indigene, anzi. 

La stessa parola “indigeno storicamente ha una connotazione negativa.  Durante il colonialismo, questa parola era usata per distinguere i coloni bianchi degli abitanti non europei che già si trovavano nei territori occupati. 

Quindi, il termine “indigeno” nasce ed acquista un significato solo se collocato e interpretato in un contesto in cui l’indigeno-colonizzato è individuato in contrapposizione al conquistatore-colonizzatore che avanza pretese sul territorio.

 

La nostra società è storicamente imperialista, sopraffattrice e colonialista. Alcune di queste tendenze non sono state eliminate: non sempre la volontà delle popolazioni indigene è ascoltata.

Per questo la tutela di queste ultime è diventata una priorità dei movimenti ambientalisti, che per troppo tempo le hanno ignorate. Movimenti come Fridays for Future stanno sempre di più prendendo le parti delle popolazioni indigene, come dimostra la presenza di Greta Thunberg alle manifestazioni dei Sami, una popolazione lappone che da tempo contesta la presenza di un parco eolico nei propri territori. 

La Norvegia, nel corso degli ultimi vent’anni, ha lavorato attivamente per ridurre la sua dipendenza dal petrolio e dal gas, concentrandosi sulla crescita della produzione di energia rinnovabile. Tra le varie fonti di energia rinnovabile, l’energia eolica è stata identificata come una risorsa chiave per la transizione verso un’economia più sostenibile. 

Tuttavia, diversi nuovi impianti eolici sono stati edificati nella regione della Lapponia, territorio dell’ultima popolazione indigena dell’Europa: i Sami.

Famiglia Sami Lapponia Norvegese

 

La Transizione Ecologica Ingiusta

I Sami abitano la regione della Lapponia. Sono circa 100.000 in tutta l’area che va dalla Norvegia alla Russia, passando per Svezia e Finlandia, ma ben 65.000 vivono in Norvegia.

L’Onu ha documentato come in passato i Paesi scandinavi abbiano represso la loro lingua e i loro costumi. Recentemente la loro cultura è stata considerata da tutelare e sono stati riconosciuti i diritti civili, politici e territoriali dei Sami. Tuttavia, ancora queste popolazioni sembrano essere tutelate più formalmente che fattualmente.

Il governo norvegese ha costruito un impianto eolico nella regione di Fosen, senza consultare i Sami e scatenando la loro opposizione. La popolazione ritiene la regione molto importante per l’allevamento di renne. 

Le renne infatti, allevate in modo semi-domestico dai pastori Sami, evitano di pascolare nelle aree dove sentono e vedono gli impianti eolici. Di conseguenza, l’allevamento di queste ultime è compromesso. Per questo i Sami da tempo si battono per la rimozione delle 151 turbine eoliche dal territorio.

 

Nell’Ottobre 2021, la Corte suprema norvegese ha stabilito che i parchi eolici situati nella penisola di Fosen violano i diritti degli allevatori di renne Sami, protetti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, e ha dichiarato la nullità delle relative licenze. 

La Corte Suprema riconosce che l’allevamento delle renne è una forma di pratica culturale protetta e sostiene che alternative di sviluppo meno invasive avrebbero potuto essere considerate per evitare un impatto unilaterale all’allevamento delle renne.

Quindi, è stato riconosciuto che l’autorizzazione alla costruzione delle turbine eoliche ha leso i diritti dei popoli indigeni; tuttavia, due anni dopo, le 151 turbine sono ancora in funzione. 

Questo perché la rimozione delle turbine costerebbe troppo: 3 milioni di corone norvegesi per ogni renna. Demolire l’intero impianto eolico comporterebbe un rincaro dell’elettricità per la maggior parte delle persone e una perdita di sei miliardi di corone.

Questi parchi eolici producono circa 1,8 miliardi di chilowattora (TWh) di energia elettrica all’anno, contribuendo alla produzione di energia rinnovabile priva di emissioni.

Nonostante la Corte Suprema si sia formalmente schierata dalla parte dei Sami, il danno economico dato dalla demolizione del parco sarebbe molto elevato, di conseguenza non è propensa a procedere con la rimozione delle turbine.

 

Renne selvatiche

 

 Le Mobilitazioni e il coinvolgimento di Greta Thunberg

In occasione del secondo anniversario della sentenza della Corte, che confermava il diritto dei territori ai Sami, l’11 ottobre scorso gli attivisti hanno bloccato diversi dipartimenti di Oslo per protestare contro la violazione dei diritti dei popoli indigeni, richiedendo la rimozione delle turbine.

Il 12 ottobre, un gruppo di attivisti di cui fa parte Greta Thunberg, ha bloccato l’ingresso della sede della compagnia di energia pubblica che gestisce 80 delle 151 turbine.

Greta Thunberg partecipa alle mobilitazioni dei Sami già da tempo: nel Marzo 2021 ha dichiarato: 

«Non sto manifestando contro l’energia verde. I diritti delle popolazioni indigene e la lotta per il clima non possano essere messi l’uno contro l’altro. Non possiamo avere una transizione climatica equa se continuiamo a sfruttare e colonizzare le aree delle popolazioni indigene. Il caso Fosen è uno dei tanti gravi abusi contro i Sami. Questo è un chiaro esempio di colonialismo verde: pretendiamo di salvare il pianeta violando allo stesso tempo i diritti umani e violando completamente i diritti delle popolazioni indigene».

 

Il Colonialismo Verde

Le comunità Sami considerano gli investimenti del governo norvegese nell’energia eolica sulle loro terre come un tipo di colonialismo verde, poiché ritengono che si tratti di un estrattivismo mascherato da risposta al cambiamento climatico.

Ritengono che la chiave per un futuro verde non è nelle mani delle aziende di energia rinnovabile sotto la dottrina del sempre maggior profitto.

L’industria dell’energia “verde” promette di costruire un meraviglioso mondo sostenibile con auto e treni ad alta velocità alimentati da un’illimitata fornitura di energia rinnovabile. Questo immaginario rinforza l’idea pericolosa che possiamo mantenere la nostra dipendenza da stili di vita ad alta energia in modo sostenibile.

 

 

Manifestazione, Fridays For Future

Ambientalismo e anticolonialismo. La lotta climatica dalla parte dei popoli indigeni.

La lotta per la giustizia climatica non può ignorare le istanze della giustizia sociale. Per questo i movimenti ambientalisti occidentali negli ultimi anni stanno fornendo un supporto attivo alle lotte anticoloniali. 

Ci troviamo in un’emergenza climatica ed ecologica con effetti enormemente sproporzionati sulle popolazioni.                    Da tempo la sottrazione di territori alle comunità indigene da parte di governi e imprese è normalizzata. Questo comportamento ha avuto gravi implicazioni sugli ecosistemi, sulle persone e sul pianeta e ha contribuito a minare i diritti delle popolazioni, la biodiversità e l’equilibrio ambientale. 

Questo fenomeno di sottrazione e appropriazione dei territori si chiama Land Grabbing.

 Cos’è il “Land Grabbing”

Land Grabbing significa letteralmente “accaparramento di terre”.  

Il fenomeno riguarda la vendita o l’affitto di vaste aree di terra a soggetti esterni, come multinazionali, governi o investitori privati, senza il consenso delle comunità locali che le abitano o le coltivano.

Queste comunità vengono spesso sfrattate o espropriate con la forza, perdendo i loro diritti e le loro tradizioni. Le terre acquisite vengono poi sfruttate per la produzione intensiva di cibo, biocarburanti o altre materie prime, con gravi conseguenze ambientali e sociali.

Le Conseguenze del Land Grabbing sono spesso:

  1. Il Degrado del Suolo: il suolo viene impoverito e inquinato dall’uso di fertilizzanti, pesticidi e OGM, spesso abbandonato dopo pochi anni di sfruttamento.
  2. La Violazione dei Diritti Umani: colpisce le popolazioni indigene e rurali, le quali vengono private delle loro risorse, della loro cultura e della loro dignità.
  3. La Mancanza di Trasparenza: spesso le operazioni di acquisizione delle terre avvengono in modo illegale o corrotto. Inoltre, le decisioni relative alla protezione o alla gestione delle risorse, sono imposte senza ascoltare le voci e le esigenze delle persone che abitano i territori interessati.
  4. L’Aumento della Fame e della Povertà: le comunità locali perdono i loro diritti di accesso alle risorse naturali vitali per la loro sussistenza, come terre agricole, foreste o fonti d’acqua.
  5. Perdita dell’Identità Culturale: spesso i territori interessati sono strettamente legati a tradizioni e usi delle popolazioni. Una volta sottratti, le comunità sono costrette a cambiare elementi importanti della propria identità culturale.

 

Durante la pandemia, il fenomeno del Land Grabbing è esploso: in soli tre anni, gli ettari di terra controllati dall’agribusiness sono passati da 68 milioni a 93 milioni, una superficie pari a quella di Francia e Germania messe insieme.

Il Fenomeno del Land Grabbing coinvolge gran parte dei Paesi del Sud del mondo, infatti, i  paesi oggetto dell’accaparramento vanno dal Perù, con 16 milioni di ettari, alla Federazione Russa, con 15 milioni. Al terzo posto si trova la Repubblica Democratica del Congo e a seguire Brasile e IndonesiaIn questi paesi, si registrano frequenti conflitti e violenze legati alla difesa della terra da parte delle comunità locali.

 

Cosa succede quando le aziende e/o i governi si appropriano di territori in nome dell’ambiente e della conservazione di ecosistemi? Si parla di Green Grabbing.

Che significa “Green Grabbing”

Il Green Grabbing è l’appropriazione ingiusta delle risorse naturali, dei territori e delle conoscenze locali da parte di soggetti esterni, nel nome della conservazione ambientale. Questo fenomeno avviene quando organizzazioni o governi creano o gestiscono aree protette senza il coinvolgimento o il consenso delle comunità locali che vivono e dipendono da quelle risorse.

Non basta quindi guardare solo alla dimensione ambientale, ma bisogna anche considerare le implicazioni sociali, economiche e culturali del green grabbing, e rispettare i diritti e le aspirazioni delle comunità locali.

Anche quelle iniziative mosse dallo “sviluppo sostenibile”, spesso sono sostenibili solo per una parte della popolazione, quella occidentale, che si appropria di territori che non gli spettano, facendo accordi (e spesso non mantenendoli) con le popolazioni indigene.

Ragazze, Wayuu, Cultura

Le Voci degli Indigeni Restano Inascoltate: il caso dei Wayuu

Re Common, nel fumetto “La magia della responsabilità” racconta la situazione delle comunità indigene e afro-colombiane Wayuu nella Guajira colombiana. 

Queste comunità vivono nel territorio attraversato dall’unico fiume della zona, il Ranchería. Un impianto di estrazione mineraria ha deviato il corso del fiume e dei suoi affluenti, riducendo drasticamente la disponibilità di acqua per la popolazione. Il fiume era fondamentale per moltissime attività della comunità. Non solo gli permetteva di accedere a una vasta fonte d’acqua vicino al villaggio, ma aveva anche un grande significato culturale.

Infatti, lo scorrere del fiume allietava il sonno dei membri della comunità, che credono nelle capacità profetiche dei sogni. Da quando il torrente è deviato, ritengono di non essere più in grado di sognare. Questo sta portando a un enorme cambiamento culturale nella società della popolazione indigena.

La comunità ha tentato di spiegare il proprio punto di vista, ma purtroppo non è stata presa seriamente e quando si è deciso sul loro territorio è riuscita a intervenire: i meccanismi di partecipazione offerti non hanno permesso loro di influenzare il processo decisionale. 

Attualmente, il torrente rimane deviato e l’impresa mantiene la sua posizione, ovvero non riportare il torrente al suo corso originale, sostenendo come questa sia la scelta migliore per la conservazione ecologica.

 

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