Diplomazia culturale: cos’è

Quando parliamo di diplomazia culturale ci riferiamo a quel “corso di azioni, che si basano e utilizzano lo scambio di idee, valori, tradizioni e altri aspetti della cultura o dell’identità di una comunità territoriale, sia per rafforzare le relazioni e la cooperazione socio-culturale, sia per promuovere gli interessi nazionali e oltre”.

L’uso del termine diplomazia culturale è piuttosto recente, sebbene questa forma di soft power esista da secoli, in quanto esploratori, viaggiatori, commercianti, insegnanti e artisti, che hanno portato la loro cultura in giro per il mondo, possono essere considerati degli esempi viventi di primi ”diplomatici culturali”.

In effetti, l’istituzione di rotte commerciali regolari, ad esempio, ha consentito in passato (e lo consente ancora oggi) uno scambio frequente di informazioni ed espressioni culturali sia tra gli stessi commercianti che tra i rappresentanti del governo, che si possono identificare come prime dimostrazioni del fenomeno in questione.

Le interazioni tra popoli, lo scambio di lingue, le idee, le arti e le strutture sociali hanno migliorato, nel corso della storia, le relazioni tra gruppi divergenti e tutto ciò ha fatto sì che la diplomazia culturale, prima relegata ai margini della disciplina delle relazioni internazionali, potesse affermarsi come teoria e pratica autonoma.

In Europa, l’importanza delle relazioni culturali è sempre più riconosciuta a livello sovranazionale: nel 2016, infatti, la Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno pubblicato una comunicazione congiunta sulle relazioni culturali internazionali, con la quale hanno cercato di definire in che modo l’Unione può interagire con altri paesi in questo campo.

Se si allarga l’attenzione al resto del mondo, la storia insegna che le differenti comunità che lo popolano hanno sempre cercato di aprire dialoghi armonici, nel rispetto dei diversi paradigmi culturali che caratterizzano l’Oriente e l’Occidente.

L’apprezzamento reciproco dei valori culturali tra Occidente e Oriente offre grandi occasioni di sviluppo sociale ed economico, di condivisione politica e culturale, di crescita umanitaria e convivenza pacifica.

E sulla base di queste premesse, la diplomazia culturale si pone come strumento necessario affinché ogni paese possa manifestare e far conoscere la propria cultura, stabilendo con gli altri una forma di dialogo.

Oltre che per gli stati, però, la diplomazia culturale gioca un ruolo significativo tra privati. Con la globalizzazione degli scambi commerciali, abbracciare modalità e comportamenti socialmente responsabili acquista sempre più rilevanza.

La capacità di comprendere e accogliere i valori e le esigenze di culture e società diverse permette di sviluppare rapporti di scambio solidi e duraturi nel tempo: ecco perché anche le aziende hanno bisogno di conoscere in modo consapevole le differenze culturali tra paesi, nel corso dei processi strategico-decisionali, adottando modelli di diplomazia culturale nel proprio ordine del giorno.

Finalità

L’Institute for Cultural Diplomacy ha dichiarato che l’obiettivo finale della diplomazia culturale è la promozione della pace e della stabilità in tutto il mondo, attraverso le relazioni interculturali.

In un mondo sempre più globalizzato e interdipendente, in cui le tecnologie ci permettono di avere sempre maggiore acceso gli uni agli altri, facilitare e migliorare le relazioni e la collaborazione fra le culture più disparate può diventare sinonimo di garanzia di pace.

L’intento di far incontrare cuori e anime oltre il confine, attraverso strumenti culturali e artistici, rappresenta, quindi, un’alternativa “soft” rispetto ad una diplomazia più belligerante.

L’obiettivo di pace e stabilità definito dall’ICD è senza dubbio molto ambizioso, ma può in un certo senso rappresentare la continuazione della vecchia tradizione diplomatica, dove il ruolo stesso del diplomatico è quello di prevenire la guerra, cercando di mantenere la pace tra i popoli.

Nella pratica, quindi, la diplomazia culturale prevede l’attuazione di tutti quei modelli praticati nel corso della storia da singoli, comunità, stati o istituzioni, che includono, ad esempio, competizioni sportive, delegazioni internazionali o programmi di scambio culturale.

Ed ecco che, una volta appresa e applicata a tutti i livelli, la diplomazia culturale è in grado di influenzare l’opinione pubblica globale e le percezioni non soltanto individuali o di una comunità, ma di intere nazioni. Tutto questo comporta una realizzazione a catena di 5 principi fondamentali, il cui ultimo si identifica proprio nella pace e stabilità:

  • Il rispetto e il riconoscimento delle diversità culturali e dei patrimoni culturali;
  • Il dialogo interculturale globale;
  • Giustizia, uguaglianza e interdipendenza socio-culturale;
  • La salvaguardia internazionale dei diritti dell’uomo;
  • Ricerca della pace globale e della stabilità.

Diplomazia dell’arte

art diplomacy

L’arte può essere determinante nel modellare il tono e la natura delle relazioni interculturali. Essa infatti, da un lato fornisce un mezzo attraverso il quale il patrimonio culturale e l’identità possono essere vissuti e interpretati, mentre dall’altro crea uno spazio unico per artisti, pubblico e parti interessate nella gestione culturale per riunirsi su una piattaforma neutrale.

Spesso, quando si conducono analisi e ricerche, si sottovaluta l’uso dell’arte come potente mezzo capace di sensibilizzare culture diverse, promuovere la coesione sociale e rafforzare le relazioni interculturali.

Il campo della diplomazia culturale si caratterizza anche per la presenza di monumenti e sculture di fama mondiale, che hanno un significato profondo non soltanto per le culture che li hanno creati, ma anche per quelle che li hanno ricevuti e quelle che in tutto il mondo ne condividono la loro importanza.

Dall’avanti Cristo ad oggi, sono molteplici gli esempi artistici che possono essere identificati, per il significato che ricoprono, con una forma di diplomazia dell’arte: la Grande Piramide di Giza, l’Acropoli di Atene, la Grande Muraglia Cinese, il Colosseo, la Porta di Brandeburgo, la Sagrada Familia e la Statua della libertà sono solo alcuni dei monumenti in questione.

Un importante e recente esempio di diplomazia dell’arte si riferisce alla decisione, senza precedenti, presa dai Musei Vaticani di inviare a Pechino alcune preziose opere di arte cinese in possesso del Vaticano, e di ricevere altre opere dalla Cina da esporre nel Museo Etnologico.

Uno scambio temporaneo di opere d’arte, che si è tradotto in una vera e propria missione di diplomazia dell’arte, con lo scopo di agevolare i dialoghi tra paesi e culture diverse.

Diplomazia della musica

music diplomacy

La musica, come linguaggio universale capace di abbattere le barriere linguistiche e le differenze culturali, è uno strumento capace di contribuire alla promozione di una cultura di pace, della cooperazione e della comprensione e il rispetto reciproco tra comunità.

La diplomazia della musica è una forma particolare di diplomazia culturale che, attraverso l’attività artistica di compositori, cantautori e interpreti, si pone l’obiettivo di favorire il dialogo interculturale e interreligioso, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Tuttavia, lo studio del ruolo della musica nelle relazioni internazionali è ancora agli inizi e, questo perché gli storici devono averlo interpretato a lungo come qualcosa di fantasioso, se considerato al pari di fattori economici, sociali e politici.

Ad ogni modo, il soft power della musica esiste dal XVII secolo, a partire dalla nascita dell’opera. Una delle funzioni di questa forma d’arte italiana era di proiettare il potere dei principi dell’epoca.

Un grande cambiamento si ebbe dopo la Grande guerra, quando Woodrow Wilson proclamò la fine della “diplomazia segreta” tra le nazioni a favore dell’inizio di quella “aperta”: ciò stava a significare che, da quel momento, negli stati democratici la musica doveva toccare direttamente le persone.

Con l’inizio della diplomazia aperta, ogni ambasciata comincia a dotarsi di un addetto culturale: gli USA finanziano festival hip-hop in Medio Oriente, la Cina promuove l’opera negli stati vicini per trasmettere un’immagine di armonia, il Brasile investe nella cultura per affermarsi come potenza leader in America Latina, e così via.

Tra le figure di spicco dei musicisti-diplomatici contemporanei c’è il conduttore israeliano-argentino Daniel Barenboim. Fu proprio lui che negli anni ’90, insieme al militante palestinese-intellettuale Edward Said, istituì la West-Eastern Divan Orchestra, composta da musicisti provenienti da Israele e dai suoi vicini arabi desiderosi di imparare gli uni dagli altri e suonare insieme.

Finché genera copertura mediatica, la diplomazia musicale può attirare l’attenzione su problemi politici e sociali e avere un grande impatto sulla politica internazionale, come dimostra l’esempio di Bono, il frontman degli U2, che durante i tuor che hanno coinciso con le riunioni dei paesi del G7 e del G8, è riuscito a far cancellare parte del debito finanziario dell’Africa, sensibilizzando il pubblico e i governi sulla sofferenza dei popoli africani.

Ma la musica è anche un modo per alcune culture di restare in vita, e non scomparire, in un mondo che giorno dopo giorno diventa sempre più globalizzato.

Esempi concreti

Nel corso della storia, attraverso l’arte, la musica e lo sport individui e gruppi di persone hanno utilizzato la diplomazia culturale per promuovere la cooperazione internazionale e alleviare i conflitti.

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, sono moltissimi gli esempi concreti di atti di diplomazia culturale di successo che hanno avuto impatti e risultati significativi.

Programma Fulbright

Nel 1946 il Senato degli Stati Uniti fece la storia con un’importante decisione: quella di introdurre la legislazione proposta da James William Fulbright, grazie alla quale venne istituito il primo programma internazionale di scambio educativo al mondo.

Finanziato dal governo degli Stati Uniti, il programma venne lanciato con l’intento di promuovere la pace e la comprensione tra gli individui, le istituzioni e i futuri leader dei paesi di tutto il mondo.

Sin dal momento della sua istituzione, il programma del senatore Fulbright ha dato l’opportunità a più di 325.000 partecipanti di fare ricerca all’estero e, più in generale, ha offerto la possibilità a persone, culture e idee di circolare a livello internazionale.

Un progetto educativo pionieristico che ha favorito lo sviluppo di scambi accademici in tutto il mondo.

Concorso Pianistico Internazionale Ciajkovskij

Era il 1958 quando il pianista americano Van Cliburn vinse, in piena guerra fredda, le finali del primo Concerto Pianistico Internazionale Ciajkovskij a Mosca.

Il giovane 23enne realizzò un’esibizione che gli valse una standing ovation di ben otto minuti e, al momento dell’annuncio del vincitore, i giudici furono obbligati a chiedere il permesso al leader sovietico Nikita Krusciov, per poter assegnare il primo premio ad un americano.

La risposta positiva di Krusciov non solo permise a Cliburn di vincere il premio, conferendo un grande onore alla musica classica, ma rappresentò un evento importante durante la guerra fredda, che rimase impresso a lungo nei ricordi delle persone.

Diversi anni dopo, nel 1987, Cliburn fu invitato ad esibirsi davanti all’allora presidente americano Ronald Reagan e al presidente sovietico Michail Gorbachev e, successivamente ricevette sia la medaglia presidenziale degli Stati Uniti, sia l’Ordine di amicizia russo.

Dopo la sua morte, il Wall Street Journal definì Cliburn un “eroe culturale”, che attraverso la sua storia ha dimostrato come la cultura e la musica abbiano il potere di allentare tensioni anche nelle situazioni più instabili.

La diplomazia del ping-pong

Si tratta dello scambio di giocatori di ping-pong tra la repubblica popolare cinese e gli Stati Uniti nei primi anni ’70.

Il 6 aprile del 1971 la squadra americana di ping-pong fu invitata per una visita nella Repubblica Popolare Cinese. Un primo segno di miglioramento delle relazioni USA-Cina, durante il quale venne data la possibilità ad un gruppo di americani di entrare in Cina dopo che i comunisti presero il sopravvento nel 1949.

Una volta tornato negli USA, uno dei giocatori americani dichiarò di aver stretto amicizia con i colleghi cinesi che, nonostante la diversità, erano persone genuine e di cuore.

Questo semplice atto di riunire persone separate da ideologia, distanza e cultura rappresenta un forte esempio di diplomazia culturale che, attraverso il ping-pong, ha dato il via alla distensione tra Cina e America, che si sarebbe resa ancora più evidente con la visita di Pechino del presidente Nixon nel 1972.

Rock contro il razzismo

Le superstar cantano insieme per fermare l’estremismo. Nel 1976 il rock di fama mondiale inizia a riunirsi per rispondere alle tensioni razziali, al pregiudizio e alla crescente discriminazione nei confronti delle minoranze.

Inizia così la campagna “Rock contro il razzismo” nel Regno Unito, che vede l’unione di artisti di diversi generi, dal rock al pop, dal punk al reggae, tutti sul palco per mandare un messaggio di solidarietà, tolleranza e comprensione.

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di creare un format di concerti con valori antirazzisti, per incoraggiare i giovani a combattere il razzismo, rifiutandolo sotto ogni forma.

We are the world

Registrato nel 1985, ma conosciuto anche dai bambini di oggi, We are the world è il singolo di beneficenza del gruppo “USA for Africa”, nato per sostenere i soccorsi in seguito alla carestia in Etiopia.

Fu l’attivista Harry Belafonte a ideare il progetto alla base di questo singolo, il cui testo e musica sono stati scritti da Michael Jackson e Lionel Richie.

Il brano, pubblicato il 7 marzo del 1985, ha riunito molti artisti famosi nel panorama musicale dell’epoca e superato le classifiche mondiali di tutto il mondo, diventando il singolo pop americano più venduto della storia.

Con la canzone We are the world, infatti, si cerca di ricordare alle persone che siamo tutti esseri umani che vivono insieme sullo stesso pianeta e, che davanti ad una difficoltà, tutti siamo chiamati ad aiutarci in ogni modo possibile.

Programma Erasmus

Con l’obiettivo di ampliare gli orizzonti e promuovere la consapevolezza interculturale, nel 1987 l’Unione europea fonda il programma di scambio di studenti “Erasmus” che, col tempo, ha visto incorporarsi un numero sempre crescenti di paesi e livelli di studio.

Il progetto prende il nome dal filosofo olandese Desiderius Erasmus di Rotterdam, che visse e lavorò in molti luoghi d’Europa per ampliare le sue conoscenze.

Dalla sua creazione, sono quasi 3 milioni gli studenti che hanno preso parte al programma dell’UE, che mira ad ampliare gli orizzonti dei giovani, aiutandoli ad acquisire importanti competenze tecniche, come la conoscenza di nuove lingue, ma anche preziosi insegnamenti di vita, come l’adattabilità e la consapevolezza interculturale.

Suonando per il cambiamento

Riunire le persone attraverso la musica è il motivo che ha spinto Mark Johnson, produttore e ingegnere del suono americano, ad avviare nel 2004 “Playing for Change”, il progetto musicale multimediale globale.

Sempre per opera di Johnson nasce anche l’organizzazione no profit “Playing for Change Foundation”, che si impegna a costruire scuole di musica per i bambini di tutto il mondo.

Connettersi, ispirare le persone e portare la pace nel globo sono gli obiettivi di questa iniziativa, che vede nella musica il mezzo per poterli raggiungere.

Mark Johnson ha viaggiato in tutto il mondo per registrare la stessa canzone, eseguita da musicisti diversi, ognuno con la propria interpretazione. Il primo brano è stato “Stand by me” e tutte le registrazioni sono state trasformate in un cortometraggio che ha raggiunto più di 56 milioni di visualizzazioni su Youtube.

Campagna mondiale Unhate di Benetton

Nel 2011 la campagna di comunicazione integrata di United Colors of Benetton invita i leader e gli abitanti del mondo a combattere la “cultura dell’odio” e dà vita alla Fondazione UNHATE.

Con una globale call to action e grazie agli strumenti innovativi della comunicazione, Benetton promuove la vicinanza tra popoli, fedi e culture, perché laddove l’amore globale rimane un’utopia, l’invito a non odiare e combattere la cultura dell’odio rappresenta un obiettivo sì ambizioso, ma realistico.

La campagna ha toccato in tutto il mondo un totale di 500 milioni di utenti e, oltre ad aver registrato un grande successo sui media tradizionali, si è imposta nelle prime settimane tra i primi cinque topic trend su Google e Twitter.

Un esempio significativo di Diplomazia culturale, che ha contribuito a creare una nuova cultura contro l’odio all’interno della comunità internazionale.

Riflessioni

La ricerca della pace e della comprensione tra popoli attraverso il linguaggio universale dell’arte e della cultura rappresentano il fine più importante per la diplomazia culturale.

Senza pace e stabilità, infatti, non è possibile costruire la reputazione globale di un paese, riaprire dialoghi geopolitici interrotti e realizzare progetti di riconciliazione in aree di post-conflitto.

C’è ancora molta strada da fare affinché la diplomazia culturale diventi un pilastro solido della politica estera e uno strumento efficace per una strategia di soft power che duri nel tempo, ma ciò che conta è intraprenderla in modo consapevole.

Il suo potenziale, infatti, è immenso: più il concetto di diplomazia culturale viene accettato a livello globale, maggiore sarà la necessità di promuovere e analizzare il ruolo, sempre più importante, che questa ricopre all’interno della diplomazia ufficiale, nelle politiche e nelle pratiche dei governi e delle ambasciate.

Ciò che non deve essere dimenticato è che la diplomazia culturale, sebbene sia un’attività governativa, non può esistere senza il settore privato, che svolge un ruolo chiave: il governo, infatti, non crea cultura, ma si limita a farla conoscere all’esterno e a definire l’impatto di tale azione sulle politiche nazionali.

In questa gestione dell’ambiente internazionale l’ascolto è un aspetto fondamentale, poiché la diplomazia culturale va intesa come scambio bilaterale, dove lo scopo principale è quello di favorire la comprensione reciproca e il sostegno tra paesi diversi.

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