Cryptoactivism: cosa significa fare attivismo al tempo delle criptovalute

La progressiva diffusione delle criptovalute e la loro crescente popolarità hanno portato ben presto ad esplorare tutte le numerose applicazioni di questa tecnologia e del registro digitale che ne traccia i movimenti: la blockchain. Ben presto è emerso come queste tecnologie possano rappresentare un mezzo prezioso per l’attivismo e per il mondo delle non-profit.

Ma come funziona la tecnologia blockchain? Quali sono i suoi vantaggi? E cosa c’entra con l’attivismo?

Come funziona la blockchain in breve

Si può pensare alla blockchain come un enorme database, un registro digitale composto da numerosi blocchi, che conserva all’interno di ciascun blocco dei dati inerenti ad una singola transazione.

Questo registro è open source: ciò significa che è accessibile da chiunque faccia parte della rete della blockchain. Nonostante ciò possa apparentemente rappresentare un pericolo per la propria privacy, è in realtà uno dei fattori chiave per la sicurezza della blockchain stessa.

Infatti, grazie a questo sistema in cui ognuno ha accesso all’intero registro della blockchain, quando avviene una transazione tra due utenti (o qualsiasi altra forma d’interazione) essa deve essere validata da tutti i partecipanti della rete. Una volta approvata, essa viene iscritta in un blocco che non è più modificabile.

Le opportunità per l’attivismo

L’uso di un sistema decentralizzato

Innanzitutto, è interessante evidenziare come le criptovalute e la blockchain rappresentino un’economia ben diversa da quella capitalista a cui siamo abituati.

Una delle caratteristiche fondamentali del sistema blockchain, infatti, è l’essere decentralizzato: esso, cioè, viene gestito direttamente dai vari nodi della rete, ovvero gli utenti stessi. Dunque, evita l’intermediazione di organismi più tradizionali come le banche.

La blockchain, dunque, non può essere controllata da nessuna entità politica, né da alcun governo.

Esplicativo in questo senso è il caso di Apple Daily, un quotidiano di Hong Kong che ha espresso, nel tempo, la sua posizione pro-democrazia. Il quotidiano è stato costretto a chiudere nel giugno 2021, in seguito all’emanazione di una nuova legge sulla sicurezza nazionale in Cina.

Questo avvenimento è stato interpretato come una forte limitazione alla libertà di stampa dagli attivisti cinesi, che hanno trovato il modo di preservare per sempre circa 4000 articoli di Apple Daily. Gli articoli sono infatti stati caricati su una piattaforma decentralizzata per l’archiviazione dei file che funziona grazie alla blockchain, garantendo l’immutabilità dei file conservati.

Questo avvenimento ha mostrato la grande potenzialità della tecnologia blockchain come mezzo di attivismo e resistenza al potere centralizzato.

Una moneta alternativa

Le criptovalute rappresentano una moneta alternativa che ha permesso a milioni di persone di acquistare beni di prima necessità. Ciò è avvenuto soprattutto nei paesi in via di sviluppo, spesso caratterizzati da una condizione di incertezza economica e di instabilità della valuta locale.

In questo contesto, le criptovalute sono un’ottima alternativa alla moneta tradizionale soprattutto perché sono di facilissimo accesso. Ad esempio, per gestire le criptovalute non è richiesto alcun conto in banca: spesso sono sufficienti un dispositivo mobile ed una connessione ad Internet.

La facilità di accesso alle criptovalute, sia in termini economici che in termini di gestione del proprio portafoglio, apre le porte al mondo delle cryptocurrency anche agli attivisti più giovani.

Le persone più giovani, infatti, non godendo ancora di indipendenza economica, trovano difficile riuscire a supportare economicamente le cause in cui credono. Grazie alle criptovalute, donare a enti non profit diventa più facile per tutti, generazione Z inclusa.

Trasparenza e privacy

Veniamo agli ultimi due fattori inerenti criptovalute e blockchain che rappresentano un’opportunità per il mondo dell’attivismo: la trasparenza e la privacy.

Il sistema blockchain rappresenta una doppia garanzia per chi decide di donare a determinate cause. Da una parte, assicura la trasparenza da parte dell’organizzazione che riceve denaro. Dall’altra, preserva la privacy del donatore, che non può essere identificato in alcun modo, grazie al sistema della private e public key.

Come spiegato in precedenza, il sistema della blockchain permette a chiunque faccia parte della rete di visualizzare le transazioni che avvengono. Questo meccanismo garantisce una completa trasparenza sul modo in cui le organizzazioni che ricevono denaro spendono i fondi che ricevono.

La garanzia della privacy è particolarmente importante in Paesi in cui protestare per determinate cause può portare anche all’arresto degli attivisti. In questo contesto, poter sostenere economicamente ma in maniera anonima organizzazioni non profit e ONG garantisce la possibilità di fare attivismo in completa sicurezza.

Un esempio di come la blockchain ha aiutato gli attivisti è fornito da Micah White, fondatore del movimento Occupy Wall Street, che è convinto che “il cryptoactivism rappresenti il futuro dell’attivismo”.

White ha creato un sistema, all’interno della blockchain, che ha aiutato attivisti cinesi a diffondere anonimamente dei messaggi di protesta contro la censura nel Paese.

White ha infatti creato uno smart contract (ovvero contratto scritto su blockchain) che, quando riceve una criptovaluta chiamata Ethereum, restituisce un token definito “Reigning Emperor”. Questa frase sarebbe nella lista delle parole censurate dal governo cinese: solo postare online la frase “reigning emperor” potrebbe portare i cittadini cinesi all’arresto.

Grazie al sistema creato da White, gli attivisti sono stati in grado di diffondere il proprio messaggio di protesta in maniera sicura e anonima, in quanto dal registro della blockchain non è possibile risalire all’identità di chi compie la transazione. Inoltre, poiché iscritta in un blocco, la frase è divenuta immodificabile e incancellabile.

Crypto e climate change: una visione più approfondita

Criptovalute e tecnologia blockchain sono diventate protagoniste anche di numerosi dibattiti inerenti alla questione del cambiamento climatico.

Se da una parte si condanna l’utilizzo delle criptovalute come i bitcoin per via del quantitativo energetico necessario per produrle, dall’altro se ne esaltano le potenzialità di utilizzo come moneta alternativa e si sviluppano proposte per criptovalute più green. Si riconosce, inoltre, il ruolo che la blockchain può ricoprire nella lotta al cambiamento climatico.

Nel 2021, un report di Galaxy Digital ha messo a confronto l’energia consumata da criptovalute e sistema finanziario tradizionale, esibendo dei dati che sembrano puntare in una direzione positiva per le crypto. Il report metterebbe infatti in evidenza come il consumo energetico da parte del sistema crypto sia in realtà fortemente inferiore rispetto all’energia consumata dai sistemi bancari tradizionali e dall’estrazione dell’oro.

Nonostante ciò, il peso delle criptovalute nel consumo di energia globale è ancora un argomento da discutere e approfondire.

Ecco perché il comitato USA per l’Energia e il Consumo ha recentemente annunciato un’audizione sul consumo energetico da parte delle criptovalute. In particolare, questa audizione si concentrerà sull’analisi del consumo energetico da parte delle blockchain che funzionano attraverso il sistema di “proof of work”. Vediamo di cosa si tratta.

Perché il costo energetico delle criptovalute è così alto?

La ragione è legata alla modalità di produzione delle criptovalute stesse.

Abbiamo spiegato in precedenza che ogni transazione registrata nella blockchain deve essere validata dalla rete stessa.

Per validare una transazione, è necessario fare moltissimi calcoli per verificare che tutti i dati inerenti ad essa siano corretti. Ciò richiede, chiaramente, una grande mole di energia. Per questo, alcuni utenti, detti “miners”, mettono a disposizione la potenza di calcolo dei loro computer per eseguire queste operazioni. Come ricompensa ottengono un certo numero di criptovalute, generate proprio a partire da questo processo di calcolo e validazione delle transazioni.

Per essere validata e iscritta nella blockchain, una transazione deve ricevere il consenso almeno del 50% + 1 della rete. Il meccanismo per cui attraverso questi potenti calcoli si valida una transazione consiste infatti in un algoritmo di consenso che prende il nome di “proof of work”.

I costi energetici per la produzione delle criptovalute variano da moneta a moneta, ma rimangono mediamente elevati. Si stima, ad esempio, che la moneta Bitcoin consumi circa lo 0,5% dell’energia globale.

Gli sviluppatori di Ethereum hanno proposto un algoritmo di consenso alternativo al proof of work, definito “proof of stake”. Nella proof of stake, per proporsi come validators delle transazioni è sufficiente “bloccare” 32 ETH (la criptovaluta usata in Ethereum), che non possono essere spesi in alcun modo.

Tra chi si propone come validator, il sistema seleziona di volta in volta alcuni nodi della rete basandosi sulla cosiddetta “coin age”, ovvero da quanto tempo sono stati depositati i 32 ETH, e su un fattore randomico.

Rispetto alla proof of work, la proof of stake fa sì che anche chi possiede computer con una potenza minore possa partecipare al processo di validazione e ricevere delle ricompense. Proprio per questo motivo, la proof of stake utilizza una quantità di energia inferiore della proof of work.

Come la blockchain può aiutare la lotta al cambiamento climatico

Dalla consapevolezza dell’impatto che le criptovalute possono avere sull’ambiente, sono nate alcune iniziative volte all’utilizzo di risorse più sostenibili. Una di queste è il Crypto Climate Accord. Questo progetto mira a promuovere l’utilizzo di energie rinnovabili nei processi di validazione delle transazioni sulla blockchain, rendendo il sistema più sostenibile.

Inoltre, alcuni esperti di criptovalute hanno affermato che il sistema crypto può essere positivo per l’ambiente, favorendo un’allocazione più efficiente delle risorse. Ma in che modo?

Il dibattito si concentra in particolare sull’utilizzo di quella parte di energia ottenuta da fonti rinnovabili che rischia di rimanere inutilizzata. Tale porzione di energia potrebbe essere infatti utilizzata per il processo di mining di Bitcoin e altre criptovalute. Ciò avrebbe un duplice beneficio: da una parte eviterebbe lo spreco di energie rinnovabili, dall’altro porterebbe il processo di mining a poggiarsi a una fonte di energia meno inquinante.

La potenzialità della blockchain nella lotta al cambiamento climatico è stata riconosciuta anche dall’Unione Europea, che ha pensato a specifiche policies che coinvolgono questa tecnologia nella climate action.

Ma perché la blockchain può aiutarci nella lotta al cambiamento climatico?

Alla base del funzionamento della tecnologia blockchain ci sono i cosiddetti “smart contracts”. Si tratta di protocolli informatici che funzionano come la funzione “SE” di Excel. In poche parole, uno smart contract consiste in un comando che permette di eseguire un’operazione quando si verificano determinate condizioni.

Questi smart contracts possono essere impiegati come un incentivo a partecipare a progetti che si impegnano per la salvaguardia del pianeta.

Un esempio di questo tipo di iniziativa è il progetto A.I.R.S. di Green World Campaign. A.I.R.S. utilizza gli smart contracts e la tecnologia blockchain per distribuire in maniera automatica delle ricompense ai soggetti che portano a termine un’iniziativa di agricoltura rigenerativa.

Veracura

Veracura riconosce le opportunità che la tecnologia blockchain e gli asset digitali rappresentano per il mondo dell’attivismo e per questa ragione sta sviluppando un gruppo di lavoro specifico, con l’obiettivo di trasformare questi strumenti in alleati per scalare la propria missione.

Se sei interessato a supportarci in questa iniziativa, puoi candidarti per entrare nella nostra squad.

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