Greenwashing: cos’è e come riconoscerlo

L’attenzione e la sensibilità a temi come l’ecologia, la sostenibilità, la tutela dell’ambiente sono aspetti che assumono una rilevanza sempre più significativa nella vita di tutti noi.

Questa tendenza, com’è giusto che sia, influenza e determina ogni giorno di più anche le nostre scelte di acquisto e consumo.

E questo le aziende lo sanno bene.

Al giorno d’oggi, infatti, un’azienda è ben consapevole di non poter ignorare un tema così caldo come quello della sostenibilità e della salvaguardia dell’ambiente e, aldilà delle mode, un’azienda sa bene che deve necessariamente ridefinire le proprie logiche e dinamiche di produzione e consumo in un’ottica più green.

Quando però questa inversione di tendenza si traduce semplicemente in un racconto di facciata, a cui non seguono azioni reali, si rischia allora di cadere nella pratica del Greenwashing.

Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta.

Definizione di greenwashing

Con il termine Greenwashing si fa riferimento ad una pratica di comunicazione e marketing messa in atto da aziende, istituzioni o enti che raccontano e presentano le proprie iniziative come sostenibili e green, esaltando gli effetti positivi di alcune loro attività e allo stesso tempo occultando l’impatto ambientale negativo di altre o della stessa azienda nel complesso.

L’obiettivo di aziende che praticano greenwashing è quello di “ripulire” la loro immagine, valorizzando la propria reputazione ambientale e, allo stesso tempo, ottenere dei benefici in termini di fatturato andando a catturare quel segmento sempre più significativo di pubblico che vuole acquistare e consumare prodotti e servizi che siano rispettosi dell’ambiente.

Greenwashing

Si tratta a tutti gli effetti di una pratica ingannevole che ha richiesto anche un intervento normativo specifico e mirato.

In particolare, nel marzo del 2023, la Commissione Europea ha proposto nuovi criteri comuni per contrastare il greenwashing e le asserzioni ambientali ingannevoli.

Infatti, uno studio della Commissione del 2020 aveva rilevato che il 53,3% delle asserzioni ambientali esaminate nell’UE erano vaghe, fuorvianti o infondate e che il 40% di queste era del tutto infondato.

L’obiettivo di questa proposta è dunque quello di garantire ai consumatori maggiori informazioni e maggiore chiarezza rispetto alla reale sostenibilità dei prodotti e delle aziende, ma allo stesso tempo tutelare anche tutte quelle imprese che fanno realmente scelte green e sostenibili.

Quali sono i rischi per un’azienda che fa greenwashing

Un’azienda che fa greenwashing in realtà, oltre a mettere in atto una pratica ingannevole e legalmente perseguibile, corre anche dei rischi che potrebbero ledere significativamente la sua immagine e produttività.

In particolar modo un’azienda che fa asserzioni ambientali ingannevoli rischia:

  • La perdita di fiducia dei suoi stessi consumatori. Riconquistare l’attendibilità e la reputazione agli occhi di consumatori che hanno scoperto di essere stati ingannati può essere molto difficile e certamente è un percorso che richiederà notevoli investimenti di tempo e risorse. Di fatto l’azienda potrebbe subire un danno di gran lunga maggiore rispetto al beneficio che sperava di ricavare.
  • A fronte di un ipotetico reale interesse da parte dell’azienda di adottare una produzione più sostenibile, veder premiata una strategia di comunicazione e marketing iniziale potrebbe portare l’azienda stessa ad adagiarsi e accontentarsi di quel risultato. Ciò potrebbe causare la mancata azione in vista di un obiettivo di miglioramento e cambiamento in ottica green.
  • Anche da un punto di vista finanziario, è estremamente importante saper individuare le aziende che effettivamente perseguono pratiche di sostenibilità, da quelle che invece ne parlano e basta. Questo aspetto è cruciale soprattutto per gli investitori ESG (Environmental, Social, Governance) che rischiano appunto di scegliere di finanziare progetti e imprese che non apportano alcun beneficio all’ambiente e alle persone. 

Come capire chi fa greenwashing?

Anche per un consumatore attento e informato, districarsi tra le numerose aziende che fanno della sostenibilità il loro baluardo, è veramente molto difficile.

Cosa fare quindi?

Il primo suggerimento che ti possiamo dare è: informati.

Non accontentiamoci di ciò che leggiamo su uno slogan pubblicitario, cerchiamo di approfondire le informazioni che ci vengono fornite in modo da essere realmente consapevoli di ciò che si acquista.

Un consumatore consapevole è un consumatore che saprà discernere con maggiore lucidità i prodotti e i servizi che andrà ad acquistare e sarà quindi più capace di compiere delle scelte vicine alla sua sensibilità.

Se informarsi dunque è il primo passo, possiamo anche suggerirti alcuni elementi utili per riconoscere e smascherare il greenwashing.

In particolare, la Federal Trade Commission degli Stati Uniti ha stilato un elenco con alcune indicazioni utili a supporto dei consumatori:

  • Privilegiare prodotti le cui etichette illustrino l’impatto ambientale positivo utilizzando un linguaggio semplice e senza frasi o slogan ad effetto;
  • Privilegiare prodotti o aziende le cui dichiarazioni di marketing siano chiare e puntuali e non generiche e approssimative;
  • Attenzione a quei brand che si confrontano con altri perché “noi siamo meglio di loro”. Infatti, a supporto di asserzioni di questo tipo, devono esserci sempre dati pubblici e verificabili;
  • Scegliere prodotti che abbiano ricevuto certificazioni anche da parte di terzi soggetti affidabili, come ad esempio il Carbon Trust Standard (per le emissioni di CO2 verificate).

5 esempi di aziende che NON fanno greenwashing

Se è vero che molte aziende “scivolano” nel greenwashing, attratte da una strategia apparentemente vincente e che richiede poco sforzo, è anche vero che le mosche bianche non mancano.

Vediamo allora 5 esempi di aziende che concretamente hanno messo in campo azioni sostenibili e green.

Vestas Wind Systems

La Vestas Wind Systems è un’azienda danese, prima al mondo nel settore della produzione delle turbine eoliche. Basti pensare che quasi il 20% della capacità a livello globale deriva da turbine Vestas.

La loro strategia di produzione si chiama “Sustainability in everything we do” e si basa su quattro pilastri:

  • Riduzione delle emissioni di carbonio;
  • Transizione energetica verso fonti di energia sostenibile;
  • Economia circolare e riuso delle materie prime, dei rifiuti e dei materiali di risulta del processo produttivo;
  • Attenzione alle persone e iniziative di welfare interno ed esterno.

Vestas si è inoltre posta un traguardo estremamente ambizioso: diminuire del 45% le emissioni di carbonio lungo tutta sua filiera di produzione entro il 2030 e azzerare la produzione di rifiuti attraverso buone pratiche di economia circolare entro il 2040.

Banco do Brazil

Tra le aziende più green a livello globale citiamo Banco do Brasil, il quale opera in una dimensione più ampia rispetto a quella prettamente ambientale.

La società finanziaria, infatti, sostiene una politica di sostenibilità anche sociale e di governance, andando a promuovere progetti di formazione, accesso alle risorse digitali e inclusione lavorativa per le comunità più povere del Brasile.

Cantina Pizzolato

La tutela dell’ambiente è una tendenza che sta prendendo piede anche nel settore vinicolo. Numerose sono le aziende che hanno rivisitato i propri processi di produzione in un’ottica di sostenibilità ambientale, tra queste vi vogliamo parlare di Cantina Pizzolato.

L’azienda coltiva vigneti certificati biologici e vegan e promuove progetti di sostenibilità in collaborazione con organizzazioni locali, enti di formazione e imprese. Tra le loro iniziative citiamo il progetto “Back to basic”, il cui obiettivo è diminuire l’impatto ambientale della fase di confezionamento utilizzando bottiglie in vetro riciclato, tappi di sughero già usati ed etichette sostenibili al 79%.

Levissima

Restiamo in Italia, tra le aziende più attive in tema di sostenibilità ambientale c’è anche Levissima.

Coerentemente con la loro produzione, fin dall’inizio l’azienda si è concentrata sul tema della tutela delle risorse idriche.

Tra le numerose iniziative messe in campo citiamo il Progetto Regeneration, iniziativa volta a promuovere l’educazione ambientale attraverso campagne di comunicazione mirate come, ad esempio, l’organizzazione o la sponsorizzazione di eventi sportivi tra cui la Generali Milano Marathon, durante la quale sono state raccolte ben 7 tonnellate di plastica e lattine.

Puma

Tra gli esempi virtuosi di aziende che si occupano di sostenibilità ambientale c’è anche Puma, brand leader nel settore dell’abbigliamento sportivo.

L’attenzione di Puma alle politiche green ha in realtà una lunga storia; infatti, la loro prima iniziativa in tal senso risale alla fine degli anni ’90.

In tempi come questi, in cui il tema della sostenibilità nel modo della moda è molto caldo e dibattuto, Puma si distingue lavorando su ricerca, materie prime e catena di fornitura con il piano 10FOR25: dieci obiettivi da raggiungere entro il 2025.

Tra questi è prevista ad esempio la riduzione dell’utilizzo di solventi organici a meno di 10 gr per paio di scarpe o ancora il raggiungimento della conformità al 90% con le direttive del programma ZDHC per l’annullamento degli scarichi di sostanze pericolose in aria e acqua o anche l’allineamento delle attività di Puma a quanto previsto dalle politiche per il contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C.

Tra gli obiettivi raggiunti, Puma produce già il 100% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email

Seguici su

Contattaci

Veracura Trust Onlus

CF/PI: 15759161001 - Salita Monte del Gallo 21, Roma, 00165

    Newsletter

    Rimani informato sulle novità di Veracura!​